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INQUINAMENTO MICROPLASTICHE ARTICOLO
Qualche settimana addietro la cronaca ci ha raccontato il mistero dei dischetti di plastica dispersi sulle coste del mar Tirreno di cui non si conosceva la provenienza e l’origine
INQUINAMENTO CAUSATO DALLE MICROPLASTICHE.
Qualche settimana addietro la cronaca ci ha raccontato il mistero dei dischetti di plastica
dispersi sulle coste del mar Tirreno di cui non si conosceva la provenienza e l’origine. L’arcano
è stato svelato dopo pochi giorni grazie alle indagini della Capitaneria di Porto di Salerno che ha
scoperto che i rifiuti dispersi provenivano da un impianto di depurazione in prossimità del fiume
Sele. L’episodio ricordato dovrebbe farci riflettere sulla gravità e sulle conseguenze della
dispersione di materiale inquinante per l’ambiente e la salute dell’uomo. Basti solo pensare alla
distanza percorsa dalla suddetta fonte inquinante in poco tempo! Dal litorale Campano sino alle
coste della Toscana! Nel caso citato l’evidenza del problema ha attivato un efficace indagine ma
è così anche per le fonti di inquinamento non visibili? Prima di rispondere alla domanda
cerchiamo di capire di cosa si sta parlando. Il riferimento è alle cd microplastiche: si chiamano
così perché sono molto piccole e hanno un diametro compreso in un intervallo di grandezza che
va dai 330 micrometri e i 5 millimetri. La loro pericolosità per la salute dell’uomo e dell’ambiente
è dimostrata da diversi studi scientifici e i danni più gravi si registrano soprattutto negli habitat
marini ed acquatici : la plastica dispersa si discioglie impiegandoci diversi anni e fintanto che è
in acqua può essere ingerita e accumulata nel corpo e nei tessuti di molti organismi . La causa
primaria è da ricercare nel consumo eccessivo di materiali plastici. Dagli anni Trenta alla prima
decade degli anni Duemila, infatti la produzione mondiale di plastica è passata da 1,5 milioni di
tonnellate a oltre 280 milioni di tonnellate (con una crescita del 38 per cento negli ultimi 10
anni). La conseguenza è ovvia: più plastica viene utilizzata, più ne viene buttata, direttamente o
indirettamente, nei mari: almeno otto milioni di tonnellate l’anno , secondo le stime di
Greenpeace. Una volta in mare queste sostanze vengono ingerite dalla fauna (in particolare da
plancton, invertebrati, pesci, gabbiani) arrivando addirittura a modificare la catena alimentare. Il
15-20 per cento delle specie marine che finiscono sulle nostre tavole contengono
microplastiche secondo gli ultimi dati . La plastica ingerita da pesci, molluschi e crostacei
finisce pure nei nostri piatti. Il rischio è, dunque, anche per gli esseri umani: gli inquinanti
rilasciati dalle microplastiche possono essere ingerite e finire nel nostro organismo e,
addirittura, interferire con il sistema endocrino umano fino a produrre alterazioni genetiche.
Negli anni Novanta il settore della cosmesi e i produttori di prodotti per il make-up hanno
cominciato a inserire “microsfere” nei detergenti per la pelle, nei dentifrici, nelle creme da barba.
A metà degli anni Duemila i controlli hanno ritrovato queste microsfere di plastica in natura e nei
sistemi idrici pubblici, finendo così anche nell’acqua che sgorga dal rubinetto di casa. Anche le
fibre dei tessuti sintetici sempre più diffuse nel settore dell’abbigliamento domestico ed industriale sono una fonte significativa di microplastiche. Le fibre di plastica, come poliestere,
acrilico e poliammide contenute nei tessuti, vengono “erose” attraverso i lavaggi in macchina e
poi drenati nei sistemi idrici. Numerose le fonti inquinanti di questo tipo e non basterebbe questo
spazio per elencarle tutte. Veniamo quindi alla risposta alla domanda iniziale: esiste un azione
efficace per la soluzione di questo problema? Nel 2015 gli stati generali hanno evidenziato
questo problema come una delle emergenze mondiali invitando gli stati membri all’adozione di
misure significative. L’Italia, grazie all’approvazione di un emendamento proposto dalle
associazioni ambientaliste all’ultima legge di bilancio, sarà il primo paese al mondo a vietare la
produzione e la messa in commercio di cotton fioc di plastica cioè non biodegradabili , a
partire dal primo gennaio 2019, e poi, dal 2020, anche di cosmetici c ontenenti microplastiche .
E’ sicuramente un primo significativo passo avanti ma come ci insegna la storia andrebbero
modificate le abitudini ed il malcostume dei cittadini e dei fruitori dell’ambiente. La vera
soluzione è nelle nostre mani, nelle nostre coscienze e nella consapevolezza che ognuno di noi
se pur piccolo può fare la differenza! Cominciamo dalle nostre scelte di acquisto, muoviamoci
tra gli scaffali pensando agli imballaggi superflui di cibo e cosmetica, scegliendo prodotti
sostenibili: forse la crema con micro granuli può essere sostituita con un esfoliante naturale o
forse, semplicemente, non è necessario! E così via… Pensateci, la prossima estate quando
incontrerete un cavalluccio marino aggrappato ad un cotton fioc! Non ingoiate il rospo!
Avv. Raffaella D’Angelo Ufficio Legale Codacons
avv