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IL FALLIMENTO DELLA LEGGE PINTO.

IL FALLIMENTO DELLA LEGGE PINTO.
Tutto incominciò nel 1995! Un giovane ingegnere si rivolse ad una giovane
avvocato, legale di un’associazione di difesa dei consumatori, rappresentando
una truffa subita nell’acquisto di un computer. Sembrerebbe l’inizio di una
bella storia di difesa di un cittadino di fronte a un grave torto subito e lo
sarebbe stata se non ci fossero voluti ben 17 anni per avere giustizia. O meglio
una parte di Giustizia! Il giudizio civile di primo grado, infatti, cominciato nel
1995 si concluse soltanto nel 2012. Nel frattempo era stata soppressa la Pretura,
la lira aveva lasciato il posto all’euro, il computer oggetto della truffa era ormai
un “ferro vecchio” e inutile e il risarcimento ricevuto non offriva un giusto
ristoro. la Legge Pinto consente in casi come questo di ottenere un
indennizzo, un’EQUA RIPARAZIONE per la lungaggine del processo ok
proviamo rispose l’ingegnere ormai di mezza età. Il ricorso venne depositato
nel 2012 presso la Corte d’Appello della capitale. Dopo qualche anno, quando
l’avvocato ormai pensava fosse andato, irragionevolmente, perduto Le venne
notificato un avviso di trattazione: era gennaio e il ricorso sarebbe stato trattato
a settembre del 2017, dopo cinque anni! Ebbene il magro indennizzo che,
nell’occasione, venne riconosciuto - nelle more del tempo trascorso la legge di
stabilità 2016 aveva rideterminato in peius gli importi relativi agli indennizzi-
nel 2020 non è stato ancora corrisposto dallo Stato, nonostante un ulteriore
giudizio per l’ottemperanza innanzi al TAR. La breve storia triste che vi ho
raccontato è l’emblema di un fallimento di una legge giusta ormai ridotta ad
uno spot pubblicitario del governo e/o del politico di turno. Infatti in materia di
risarcimento danni per equa riparazione al danno di un giudizio infinito , per il
cittadino, si aggiunge la beffa di dover attendere tempi biblici per vedere
soddisfatti i propri diritti, anche in presenza di giudizi di
ottemperanza, destinati a smarrirsi nei meandri della burocrazia ministeriale.
La normativa prevista, sin dal periodo immediatamente successivo alla sua
entrata in vigore, ha subito modifiche normative ed interventi
giurisprudenziali motivati dalla necessità di contenere le procedure esecutive
scaturenti dai ritardi nelle procedure risarcitorie e nei pagamenti. Per rendere
più snello il procedimento, l’ultima modifica legislativa ha investito della
decisione un giudice monocratico di Corte d’appello, invece del collegio, con
una procedura modellata su quella del decreto ingiuntivo senza però sortire
alcun beneficio in termini di tempo. Da quanto esposto, appare chiaro come,
in materia di risarcimento danni per equa riparazione al danno di un giudizio
infinito , per il cittadino, si è aggiunta la beffa di dover attendere tempi biblici per vedere soddisfatti i propri diritti, anche in presenza di giudizi di
ottemperanza, destinati a smarrirsi nei meandri della burocrazia ministeriale.
La storia sembra ripetersi. Tutti i governi da alcuni anni a questa parte
sembrano aver adottato una strategia punitiva nei confronti del cittadino così,
anche nella materia in questione, ogni tentativo di semplificazione della
procedura si è, nella realtà, risolto in aumenti di spese e incombenze a carico
del cittadino nel tentativo di dissuaderlo dall’intraprendere simile
AVVENTURA. La giustizia ormai non è più l’affermazione di un DIRITTO ma
un problema da risolvere. Tale atteggiamento determina un evidente disagio
sociale e una forte discriminazione nei confronti dei più deboli. Oggi prima di
intraprendere un qualsiasi giudizio bisogna valutare costi, sempre più
inaccessibili, e benefici e, in casi come quello descritto, anche sperare di vivere
bene, per lungo tempo e in buona salute. Ma non abbattiamoci. Finchè ci
saranno operatori del diritto liberi e volenterosi varrà la pena di credere nella
giustizia. In fondo “un sognatore è un combattente che non si è mai arreso!” e
l’ingegnere e l’avvocato che hanno resistito al tempo, che ormai si conoscono
da 25 anni, magari troveranno, finalmente, il pagamento del dovuto sotto
l’albero di Natale! Sarebbe senz’altro un gradito regalo per due “partite iva”
come loro che, in tempi di pandemia, sono tra color che son sospesi!
Avv. Raffaella D’Angelo Ufficio legale CODACONS CAMPANIA