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CODACONS SU GEOLOCALIZZAZIONE
COMUNICATO STAMPA
10/09/2019
• INIZIATIVA DEL CODACONS PER LA GEOLOCALIZZAZIONE NELLE CHIAMATE DI
EMERGENZA;
• PRESENTATA DENUNCIA ALLA COMMISSIONE EUROPEA PER PROCEDURA
D'INFRAZIONE;
• BASTA APPROSSIMAZIONI, SI ADOTTI LA TECNOLOGIA ADEGUATA PER TUTELARE
VITE UMANE E LA SALUTE DELLE PERSONE;
• RECENTE SENTENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE DEL 5 SETTEMBRE SOSTIENE
CHE GLI STATI HANNO L'OBBLIGO DI RISULTATO SULLA LOCALIZZAZIONE.
Iniziativa del Codacons Campania sulla geolocalizzazione dopo i tragici fatti occorsi lo
scorso agosto allorquando il giovane francese, il compianto Simon Gautier, di soli 27
anni, nel corso di un trekking, caduto accidentalmente in un dirupo, veniva ritrovato dopo
nove giorni senza vita nella zona di Belvedere di Ciolandrea, nel comune di San
Giovanni a Piro.
Nei giorni delle ricerche e in quelli successivi al ritrovamento del corpo sono seguite
aspre polemiche sul fatto che in Italia le Centrali Operative 118 siano ancora prive del
sistema di geolocalizzazione delle chiamate d'emergenza. Disfunzione messa in
evidenza sulla stampa nazionale anche da Mario Balzanelli, presidente nazionale del
servizio 118, il quale dichiarava che “se l'Italia avesse messo in pratica la direttiva
europea recepita nel 2009, Simon Gautier sarebbe stato immediatamente geolocalizzato,
soccorso in tempi rapidissimi e, forse, con esiti ben diversi”.
“E' proprio questo il punto”, afferma il professore Enrico Marchetti, presidente del
Codacons Campania, “l'Italia ha recepito la direttiva UE sulla istituzione del numero unico
europeo 112 per le emergenze ma non ha fatto i necessari investimenti per la
obbligatoria tecnologia per la geolocalizzazione. Uno Stato bravo nelle formule astratte,
inesistente nei fatti. E così mentre la Francia ha adottato il modello, la vita in Italia è
appesa ad un filo per le inefficienze della pubblica amministrazione”.
“Il Codacons”, continua l'avvocato Pierluigi Morena dell'ufficio legale dell'associazione,
”ha presentato un'articolata denuncia alla Commissione europea. In essa evidenziamo
come lo Stato italiano non ha attuato due direttive, la 2002/22/CE e la 136/2009, le quali
impongono agli Stati membri di attivarsi affinché le Compagnie telefoniche mettano
gratuitamente a disposizione dell’autorità incaricata delle chiamate al numero di
emergenza europeo «112» le informazioni sull’ubicazione del chiamante nel momento in
cui il contatto raggiunge tale autorità. Ciò anche quando la chiamata è effettuata da un
telefono cellulare sprovvisto di scheda SIM”.
“Nella denuncia per procedura di infrazione abbiamo evidenziato”, precisa l'avvocato
Morena, “come lo scorso 5 settembre la Corte di Giustizia dell'Unione europea nella
causa C.417/18 ha affrontato un caso del tutto analogo ribadendo l'obbligo di adozione di
un sistema tecnologico di geolocalizzazione per le chiamate di emergenza”.
La sentenza veniva pronuncia dall'Alta Corte per altra drammatica vicenda di qualche
anno fa, quando una ragazza di 17 anni fu rapita e poi uccisa in Lituania. Inutili erano
state le varie telefonate della sventurata al numero di emergenza unico europeo 112 per
chiedere aiuto: il centro di raccolta delle chiamate lituano non aveva infatti potuto
provvedere a localizzare la ragazza. I giudici europei hanno sottolineato che dalla
direttiva «si evince che l’obbligo di messa a disposizione delle informazioni
sull’ubicazione del chiamante riguarda “ogni chiamata al numero di emergenza unico
europeo”». Inoltre, la Corte ha affermato che la direttiva imponeva agli Stati membri «un
obbligo di risultato che non si limita all’istituzione di un contesto normativo appropriato,
ma esige pure che le informazioni sulla localizzazione di tutte le chiamate al numero 112
siano effettivamente trasmesse ai servizi di soccorso. Pertanto, le chiamate al 112
effettuate da un telefono cellulare sprovvisto di scheda SIM non possono essere escluse
dal campo di applicazione della direttiva».
“Ora”, conclude l'avvocato Morena, “l'Italia dovrà rispondere dei propri inadempimenti
innanzi agli organi comunitari, in via preliminare, la Commissione, ove rilevi l'effettiva
violazione di una norma dell'Unione europea, concederà allo Stato un termine di due
mesi per presentare le proprie osservazioni. Se le argomentazioni non fossero
convincenti seguirà una formale diffida ad adempiere e poi un procedimento che può
concludersi con l'obbligo di porre rimedio alla violazione e con applicazione di pesanti
sanzioni economiche”.
L’addetto stampa
[Per maggiori informazioni rivolgersi al n. 347 187 6675]