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IL DIRITTO ALLA MEDICINA PERSONALIZZATA PARTE II
IL DIRITTO ALLA MEDICINA PERSONALIZZATA PARTE IIDiritto all’accesso alle cure appropriate
Ogni persona ha diritto ad accedere ad una cura che determina un beneficio netto
e minimizza il rischio al quale può andare incontro. Ha diritto ad una valutazione
accurata di tutte quelle informazioni rilevanti che lo caratterizzano (genetiche,
fenotipiche, di comorbidità, legate allo stile di vita ed alla condizione psico-sociale)
e che contribuiscono a determinare scelte terapeutiche appropriate.
L’appropriatezza è uno strumento fondamentale per garantire Il buon
funzionamento dei sistemi sanitari in termini di efficacia, efficienza, equità e
sostenibilità. Una cura può considerarsi appropriata quando sia associata ad un
beneficio netto o, più precisamente, quando è in grado di massimizzare il beneficio
e minimizzare il rischio al quale un paziente va incontro quando accede a
determinate prestazioni o servizi. Una determinata terapia può portare vantaggi
significativi ad un paziente ma può, per un altro paziente, risultare inutile. Il ruolo
dei professionisti che operano sul campo è fondamentale per raggiungere livelli
sempre più elevati di appropriatezza clinica ed organizzativa. Non tutti i pazienti
possono giovare allo stesso modo di una determinata terapia e per questo la
valutazione di appropriatezza è cruciale anche e soprattutto per governare il
modello di medicina personalizzata.
Diritto alla partecipazione e alla scelta delle cure
Ogni persona ha diritto a partecipare alle scelte terapeutiche e il suo parere deve
essere ascoltato, rispettato e tenuto in considerazione in appositi e specifici
momenti di discussione individuati all’interno del piano terapeutico con delle equipe
multidisciplinari. Il Servizio sanitario deve promuoversi come agente di informazione
attiva nei confronti dei pazienti e dei loro familiari, favorendo quella consapevolezza
e competenza utile per coinvolgere gli utenti in un processo decisionale condiviso
con i professionisti sanitari: processo che in alcuni casi può essere particolarmente
difficile e deve essere affrontato con la dovuta sensibilità e delicatezza.
Il coinvolgimento del paziente nel processo di cura, dalla diagnosi ai follow up,
contribuisce a migliorare gli esiti di salute: nello specifico sembrerebbe contribuire
ad una migliore qualità di vita, una migliore soddisfazione nella relazione di cura, e
alla messa in atto di comportamenti più salutari. Tali processi favoriscono e
contribuiscono a consolidare la relazione di fiducia medico-paziente, portando ad
una maggiore compliance nonché ad una maggiore aderenza terapeutica. Favorire
una gestione responsabile della propria malattia ed incoraggiare i pazienti ad una maggior consapevolezza nei confronti della propria salute e delle sue determinanti
sembrano essere ormai processi fondamentali ed imprescindibili della cura e della
sua efficacia.
Diritto alla formazione
Ogni persona ha diritto ad essere seguita da medici formati all’utilizzo delle nuove
tecnologie, in grado di orientarla rispetto alle nuove opportunità diagnostiche e
terapeutiche esistenti e capaci di interagire in modo complementare rispetto alle
varie competenze. Allo stesso tempo il personale sanitario ha diritto a percorsi di
formazione per essere messo nelle condizioni di orientare in modo preciso il
paziente, optare per scelte terapeutiche appropriate, essere in grado di utilizzare
nuove tecnologie.
La formazione in Italia è una delle migliori del mondo, tuttavia ancora non sono del
tutto approfondite, nell’ambito universitario e post universitario alcune materie
come quelle inerenti alle opportunità e allo sviluppo della medicina personalizzata.
Ad oggi le competenze dei professionisti, sebbene di altissimo livello, si mostrano
talvolta scollegate fra loro ed insorgono problemi di comunicazione tra operatori
sanitari con diverse competenze specifiche. È difficile a volte seguire ed
accompagnare tempestivamente lo sviluppo repentino di nuove tecnologie
diagnostiche e terapeutiche con formazioni specifiche. Altro fattore da tenere in
considerazione deriva dal fatto che numerosi studi hanno mostrato come la maggior
parte dei malati oncologici desideri un dialogo migliore con i clinici ed una miglior
comunicazione delle informazioni fornite. Nel pensare quindi ad un miglioramento
della formazione specifica dei sanitari, sembrerebbe essere necessario
implementare competenze per una comunicazione medico-paziente più efficace e
maggiormente adattata alle esigenze e attitudini del singolo paziente.
Diritto alla privacy e al rispetto degli aspetti psicologici
Ogni persona ha diritto a che siano valutati gli aspetti psicologici ed a ricevere
laddove necessario il supporto psicologico per sé e per il caregiver. Data la
complessità e la delicatezza del tema la persona ha diritto a non essere lasciato solo
nel momento della restituzione dei risultati del test e che questo momento sia
accompagnato e gestito dai medici di riferimento. Ha diritto a ricevere supporto alla
comprensione delle eventuali implicazioni di alcuni risultati, con particolare riguardo
all’analisi di geni che possono essere interessati da mutazioni. Ha il diritto inoltre
alla confidenzialità delle informazioni di carattere personale, incluse quelle che
riguardano il suo stato di salute. L’esecuzione di un test di sequenziamento genico,
deve essere sempre preceduta da un consenso informato che dovrà spiegare al paziente, in maniera chiara e dettagliata, la tipologia del test che sarà impiegato, le
sue finalità e da chi e come verranno conservati e trattati i dati; sarà inoltre richiesto
al paziente l’eventuale consenso all’impiego specifico dei dati a fini di ricerca e alla
conservazione in specifici database informatici.
La diagnosi di tumore e le sue conseguenze possono avere un forte impatto
negativo sulla vita dei malati e delle loro famiglie, ben oltre la vasta gamma di
sintomi fisici sui quali generalmente si concentra l’attenzione di chi ha in cura i
pazienti. La malattia infatti può influire su aspetti psicologici, emozionali, sociali e
spirituali della salute: la malattia può generare sfiducia, perdita di interesse,
problematiche in ambito familiare, lavorativo, economico e sociale. Molti dei
pazienti oncologici con nuova diagnosi risulta affetto da ansia, depressione e spesso
sviluppa disagio psicologico. Il carico per il paziente è ulteriormente appesantito da
necessità pratiche oltre che da bisogni di tipo informativo: se le informazioni non
vengono fornite in modo adeguato, e in un contesto appropriato, le conseguenze
psicologiche sul paziente possono essere molto pesanti, comportando un aumento
del livello d’ansia e d’incertezza, e impattando negativamente sullo stato di salute
del paziente La presenza di tutti questi bisogni psicosociali può limitare
notevolmente l’individuo nelle sue attività, costituendo quindi anche un problema
di natura sociale ed economica. È ampiamente documentato inoltre come stati di
ansia, depressione, disturbi del sonno o demoralizzazione influenzano
negativamente la qualità di vita, l’aderenza ai trattamenti medici, la percezione
degli eventi avversi, la relazione medico-paziente, i tempi di degenza, di recupero e
di riabilitazione e possono ostacolare la capacità di affrontare la malattia, e ridurre
la compliance terapeutica. L’assistenza psicosociale è ormai considerata, in effetti,
una componente essenziale di un’assistenza oncologica ottimale. È anche noto
come una riabilitazione psicologica consenta di reinserire, là ove possibile, più
precocemente le persone nel sistema lavorativo, nella famiglia e nella società civile.
Altro fattore da tenere in considerazione deriva dall’enorme quantità di
informazioni anche su malattie trasmissibili, che si produce attraverso il
sequenziamento genico, utile anche ai clinici ai fini della ricerca scientifica, e che
pone questioni rilevanti di carattere etico e di privacy che dovranno
imprescindibilmente essere considerati nella comunicazione al paziente.
Diritto all’umanizzazione delle cure
Ogni persona ha diritto a ricevere un trattamento improntato alla cortesia, alla
disponibilità, al dialogo, all’ascolto, all’accoglienza e all’empatia, da parte di tutti gli
operatori sanitari e non. Ha diritto ad un approccio alle cure umanizzante, orientato
anche al coinvolgimento e alla progettazione comune del percorso di cura.
L’umanizzazione delle cure vuol dire occuparsi del paziente non solo dal punto di
vista biologico, della malattia, ma anche da quello psicologico e relazionale. Il modo in cui il paziente ed i familiari vivono e percepiscono l’esperienza della malattia, è
influenzato da diversi fattori, oltre a quelli strettamente sanitari, come ad esempio
quelli delle caratteristiche dell’ambiente fisico in cui viene svolta la cura.
Umanizzare le cure significa rendere i luoghi di assistenza più sicuri, accoglienti, più
confortevoli e senza dolore. Umanizzare le cure significa curare il malato, non la
malattia. La consapevolezza di tutti gli attori rispetto a questi elementi, gioca un
ruolo fondamentale, proattivo, nel perseguimento di elevati standard qualitativi
delle cure e produce migliori esiti sullo stato di salute dei cittadini. Personalizzare le
cure vuol dire non solo mirare ad una terapia personalizzata specifica per l’individuo
ma significa anche una medicina basata sui bisogni, sulle necessità, sulle attitudini
e sulla vita del singolo paziente.